Disney ha intenzione di introdurre un nuovo piano di abbonamento a prezzo ridotto per Disney+ ma finanziato in parte con la pubblicità. L’azienda californiana ha già confermato ufficialmente la novità, che sarà lanciata negli USA entro l’anno e che dovrebbe arrivare in seguito anche in altri mercati.
Adesso, però, arrivano i primi dettagli su come e in che quantità gli annunci pubblicitari saranno inseriti nei film, nelle serie TV e negli altri contenuti presenti su Disney+. A svelare in anteprima i piani è stato il Wall Street Journal basandosi su alcune dichiarazioni rilasciate da fonti provenienti dalla stessa Disney.
Secondo quanto si è appreso, la pubblicità su Disney+ arriverà a quattro minuti per film e serie TV della durata pari o inferiore ad un’ora, ma dovrà rispettare anche altri parametri adeguati alla linea editoriale del servizio.
Considerando l’impostazione per famiglie di Disney+, saranno banditi gli spot con messaggi o prodotti rivolti tipicamente ad un pubblico adulto. È il caso, ad esempio, di prodotti alcolici o comunicazioni politiche.
Gli annunci promozionali non saranno inoltre presenti nei contenuti visibili tramite un “Profilo bambini“, ma Disney ha pensato di evitare il loro inserimento anche nei contenuti destinati ad un pubblico in età pre-scolare a prescindere che vi si acceda con un profilo per piccoli o con uno “normale”.
Ultima e ovvia limitazione sarà infine l’assenza di pubblicità che parla di piattaforme in streaming o emittenti televisive concorrenti.
Definite le linee guida basilari su tipologia e quantità di spot commerciali che saranno inseriti su Disney+, resta adesso da capire il prezzo che questa versione del servizio richiederà al pubblico. L’attuale abbonamento senza pubblicità ha un costo di 8,99 euro al mese (89,90 euro all’anno) in Italia e di 7,99 dollari (79,99 dollari all’anno) negli USA e quindi è lecito attendersi un costo inferiore a tali soglie.
In realtà, pare che in casa Disney si stia valutando la possibilità di aumentare il prezzo degli abbonamenti per far fronte agli investimenti sempre più importati necessari per la produzione di nuovi contenuti, per cui la situazione, sotto questo aspetto, resta tutta da definire.