I sindacati si dicono contrari al piano industriale TIM presentato nei giorni scorsi al Cda aziendale dall’amministratore delegato Pietro Labriola. Per questo motivo, le varie associazioni annunciano l’intenzione di voler fare opposizione affinché si opti per un ripensamento.
Il nuovo piano industriale TIM 2022-2024 prevede la divisione del Gruppo in due entità separate. Da un lato ci sarà una ServCo, società dei servizi cui faranno capo i servizi digitali, i servizi di telefonia mobile e tutte le attività del ramo consumer per privati e piccole e medie imprese, mentre d’altro ci sarà una NetCo in cui confluiranno la rete fissa e le attività all’ingrosso (wholesale) sia nazionali che internazionali tramite Sparkle.
Il futuro assetto porrà quindi fine all’integrazione verticale di TIM che storicamente la vede impegnata sia come fornitore di servizi che come operatore infrastrutturato di rete fissa in qualità di ex-monopolista. Si verificherà quindi il tanto discusso scorporo della rete.
Per i sindacati si tratta di una scelta da loro stessi definita “uno scempio”, tanto da annunciare forte contrarietà e conseguente linea dura. Le sigle SLC Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil temono che si verifichi un copione già visto in passato per altre aziende italiane, ovvero che si vada incontro ad una privatizzazione degli utili, con vantaggi per l’azionista di riferimento Vivendi, e alla socializzazione delle perdite.
La posizione dei sindacati è stata riassunta in una nota congiunta che recita testualmente:
Con la presentazione del Piano Industriale di TIM di ieri sera finalmente il quadro è svelato. Con la nascita della società dei servizi e con la società della rete finisce definitivamente la storia dell’ex monopolista per come l’abbiamo conosciuta.
Nel disegno tracciato dall’AD si profila una storia già vista in questo Paese: si privatizzano gli utili e si socializzano le perdite. Nascerà una società della rete privata di qualsiasi “intelligenza” e di futuro.
Alla società dei servizi andranno 28 milioni di clienti, la società dei data center e del cloud nazionale, la cyber sicurezza, l’internet delle cose, il mobile ed il Brasile. Alla società della rete resterà l’onere di investimenti ingentissimi, una struttura che finirà per diventare più una grande realtà di manutenzione che una società moderna e di sistema.
In questo disegno si capisce bene la convenienza dell’investitore francese, si stenta a capire il vantaggio che pensano di trarne il Paese e la Politica.
Alla fine di questo capolavoro si metteranno le mani in tasca ai lavoratori ed ai cittadini per garantire un ritorno di profitto a Vivendi.
Tutto questo lo sta avallando il Governo dei migliori ed i suoi consiglieri corifei del liberismo a spese della collettività.
Il mondo del lavoro non ci sta e si batterà con tutte le sue forze affinché questo scempio non passi impunito.
I lavoratori hanno già ampiamente contribuito al rilancio del Gruppo TIM che due anni fa era stato individuato e sostenuto anche dai loro sacrifici. Per la demolizione dell’Azienda che si profila con questo piano di impresa nessuno si illuda di poter chiedere loro ulteriori sacrifici.
Il nuovo piano industriale, per i sindacati, chiede ancora una volta dei sacrifici ai dipendenti TIM e non porta alcun vantaggio al Paese. Si ritiene anzi che il futuro assetto possa essere potenzialmente dannoso per la società della rete, la divisione che nascerebbe con l’obiettivo di creare una rete unica tramite fusione con Open Fiber e l’incorporamento dei suoi asset in un’unica infrastruttura.